L'INDIVIDUALISMO COME LIMITE LINGUISTICO
Lettera a Filiberto Menna
arteideologia raccolta supplementi
nomade n. 7 dicembre 2013
RINEGOZIARE GLI ATTI MANCATI
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_1982
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Caro Filiberto, 
ti inviamo un vecchio numero della rivista (che tu a suo tempo avrai sicuramente ricevuta[1]) e per la quale abbiamo chiesto un tuo contributo.
L'ultimo lavoro connesso a questa testata è stato il numero 6 -trattazione monografica "sulla" (a partire dalla) pittura - che si è allestito a Firenze nello spazio di Zona, in forma di "mostra" ma come determinazione particolare della rivista stessa. Purtroppo anche avendo voluto, per questa "edizione", escludere il ricorso al metalinguaggio e alla reificazione tipografica, non ci siamo potuti sottrarre (a posteriori) dal puntualizzare con lo scritto questo particolare episodio, in quanto connesso ad una visione sull'attuale stato della pittura, che è al contempo una posizione. Posizione che tu sai bene non essere improvvisata, casuale e senza seguito.
Comunque questo testo dovrebbe apparire nella pubblicazione degli atti del convegno tenuto all'Istituto d'Arte Contemporanea dell'Università di Roma, come partecipazione suppletiva ad un preteso e paventato confronto. 
Ad ogni buon conto il prossimo numero è in preparazione e speriamo di farlo uscire al più presto anche a rischio di continuare ad essere fraintesi. 
E a quest'ultimo proposito, se su molte cose, anche volutamente o per disinteresse verso la sistematicità, non abbiamo mai voluto chiarire il come e il perché, e il che del nostro lavoro di sempre, vorremmo che almeno a te apparisse ormai chiaro che il nostro insistere anche  su momenti organizzativi di lavoro comune debba confermarsi come il sintomo formale di un "disturbo" che si alimenta dal permanere di una ipoteca storicamente determinata e rintracciabile persino in Mondrian: "Finché l'uomo è dominato dall'individualismo non cerca e non può trovare altro che la propria persona.
Sapendo bene che non si possono battere strade esclusivamente volontaristiche senza porsi fuori dai reali processi e dal modificarsi sostanziale dei rapporti sociali-economici, non abbiamo mai teorizzato il lavoro di gruppo e l'anonimato (sebbene tali concetti siano stati usati nel vivo delle polemiche contingenti).
Dobbiamo allora dire che questo aspetto della nostra attività magari è apparso come una forzatura estranea, mentre in realtà manifestava dell'annidiarsi e del covare di un cruccio squisitamente (ma non solamente, dunque poveramente) linguistico. Perché l'individualismo e il suo dominare è il limite stesso dell'individuo, e non può evitare di svolgersi come limite linguistico qualora tutto questo si esprimesse in termini artistici. 
È del tutto ovvio che tale questione è presente come una tra le componenti (più o meno sotterranee, più o meno chiare) di quanto si è fatto e si va facendo (e il senso dell'Imprinting era anche questo) senza poter con questo essere data come risolta se non come proposito e nelle forme metaforiche,  nella finzione dei linguaggi.
Questione che, come altre, a volte trova per proprio conto il modo di palesarsi, altre volte rimane latente e inespressa, ma mai acquietata.
Di sicuro sappiamo almeno di poter contare sulla tua disponibilità e collaborazione per quanto avviene al di fuori della corrente che attualmente vorrebbe costringere, in un ordine frainteso integralistico,  neppure l'arte, bensì l'artista, organizzandogli tragitti e orizzonti (un tempo di gloria, ora più "realisticamente" di successo - comunque perseguibile, ma non secondo certi dettami). 
Con affetto e stima
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[1] Si trattava di Aut.Trib. 17139 n.4.